mercoledì 1 ottobre 2008

ANNO IV NUMERO 9 - OTTOBRE 2008

Per comprendere il significato della Parola di Dio

Dal giorno 5 al 26 ottobre prossimo si svolge a Roma l’Assemblea del Sinodo dei vescovi sul tema” “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. Questo straordinario evento di grazia ci stimola a riflettere sul significato e l’efficacia della Parola di Dio su cui si fonda la nostra fede che è anzitutto “obbedienza a Dio che parla.”. Molte sono le immagini che la Bibbia ci offre per farci comprendere il significato e la potenza straordinaria della Parola di Dio.Ne scegliamo alcune fra le tante: essa è spada, martello, fiamma di fuoco,pioggia, vino inebriante e miele, seme buono….
La Parola di Dio è come fuoco: cioè non è un’idea della mente e nemmeno un semplice messaggio ricevuto dal Signore, ma un fuoco che brucia dentro. “Nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo” (Ger 20,9). “La mia parola non è forse come il fuoco - oracolo del Signore?” (23,29). Un fuoco che arde e consuma. Il contatto con la Parola infiamma e trasforma l’uomo. L’incontro col Dio vivo è un’esperienza di fuoco divorante. “Ecco, io farò delle mie parole come un fuoco sulla tua bocca. Questo popolo sarà la legna che esso divorerà” (5,14). Il profeta Isaia nell’esperienza della sua vocazione si era sentito bruciare la bocca e le labbra impure
da un carbone ardente che un serafino aveva preso con le molle dall’altare. Così purificato, può andare in missione (Is 6,6ss). Anche i discepoli di Emmaus fanno quest’esperienza nell’ascoltare le parole di Gesù: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?” (Lc 24,32).
La Parola è come pioggia che fa germogliare la terra(Is 55,10-11) Il famoso passo di Isaia ci ricorda che la Parola di Dio non è detta mai a vuoto: ciò che Dio dice si realizza comunque
La Parola è come il cibo che riempie di dolcezza e di amarezza. L’angelo offre il libro al veggente dell’Apocalisse e dice: “Prendi e divoralo: ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele” (Ap 10,9). L’episodio s’ispira alla vocazione profetica di Ezechiele ( Ez 2,8 – 3,3). La Parola porta allo stesso tempo gioia e mal di pancia, consolazione e sofferenza. In ogni caso, è da mangiare. Di questo cibo il cristiano deve nutrirsi ogni giorno; l’uomo non può vivere «di solo pane» ( Dt 8,3; Mt 4,4; Lc 4,4): senza la Parola egli sarebbe semplicemente sopraffatto dalle varie forze che agiscono nella storia, nell’impossibilità di scorgervi qualsiasi progetto degno e meritevole di essere accolto. “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4) dice Gesù al diavolo tentatore. È la fame della Parola di Dio che avverte ogni uomo.
La Parola è come il martello che rompe anche le pietre. Nulla può resistere alla sua forza: “La mia parola non è forse… come un martello che spacca la roccia? (Ger 23,29).
Al termine del discorso programmatico del Regno di Dio, con la parabola della casa costruita sulla roccia raccontata da Gesù,la Parola stessa di Dio diventa la roccia sulla quale la casa trova sicurezza e stabilità incrollabili (Mt 7,24-25).
La Parola è come vino inebriante: “Mi si spezza il cuore nel petto, tremano tutte le mie ossa, sono come un ubriaco e come uno inebetito dal vino, a causa del Signore e delle sue sante parole” (Ger 23,9).
Gli apostoli che subito dopo Pentecoste predicano le grandi opere di Dio, sono derisi e ritenuti ubriachi ( At 2,13). La Parola ci porta fuori dal senno normale, che spinge a vivere secondo criteri mondani. La Parola di Dio è come un seme buono che ha la potenzialità di crescere, fiorire e fruttificare (Lc 8,11).
Lo sviluppo della comunità cristiana è interpretato come il crescere e il diffondersi della Parola ( At 6,7; 12,24; 13,49). La Parola di Dio è “viva, efficace e più tagliente di ogni spada”, penetra e fa luce dentro l’uomo ( Eb 4,12). Coloro che l’ascoltano si sentono trafiggere il cuore ( At 2,37). “Chi è capace di comprendere, Signore, tutta la ricchezza di una sola delle tue parole? È molto più ciò che ci sfugge… Il Signore ha colorato la sua parola di bellezze svariate, ha nascosto in essa tutti i tesori” (sant’Efrem). La Parola di Dio è Gesù stesso che si dona a noi, ci parla, ci nutre, ci scuote, ci consola, ci comunica la sua volontà e il suo amore, c’illumina e ci sostiene, ci offre gioia e speranza. Sulla sua Parola possiamo contare, alla sua Parola possiamo affidarci e abbandonarci in modo sicuro. Non riduciamo la potenza di Dio racchiusa nel Vangelo. E guai a noi se non evangelizziamo ( Rm 1,16; 9,16).
Il veggente dell’Apocalisse contemplerà la cavalcata vittoriosa della Parola nella storia ( Ap. 19,11-16).Noi credenti dobbiamo avere il coraggio della Parola, coraggio che si traduce in ascolto e annuncio. Un ascolto perseverante e un annuncio coraggioso della Parola portano certamente alla fruttificazione abbondante dei germi di bene celati nei solchi della nostra terra.
Il Papa Benedetto XVI per indicare il significato e l’importanza del Sinodo sulla Parola di Dio ha affermato che la Chiesa deve sempre rinnovarsi e ringiovanire grazie alla parola di Dio che non invecchia mai né si esaurisce e che, tramite lo Spirito Santo, ci guida alla verità tutta intera.
Dalla frequentazione della Parola di Dio può sbocciare la nuova primavera spirituale della Chiesa.
Don Giuseppe Imperato

LA CONVERSIONE DI SAN PAOLO

Nell’”Anno Paolino” si continua la catechesi del Santo Padre sull’apostolo:“La catechesi di oggi sarà dedicata all’esperienza che san Paolo ebbe sulla via di Damasco e quindi a quella che comunemente si chiama la sua conversione. Proprio sulla strada di Damasco, nei primi anni 30 del secolo I°, e dopo un periodo in cui aveva perseguitato la Chiesa, si verificò il momento decisivo della vita di Paolo. Su di esso molto è stato scritto e naturalmente da diversi punti di vista. Certo è che là avvenne una svolta, anzi un capovolgimento di prospettiva. Allora egli, inaspettatamente, cominciò a considerare “perdita” e “spazzatura” tutto ciò che prima costituiva per lui il massimo ideale, quasi la ragion d'essere della sua esistenza (cfr Fil 3,7-8). Che cos’era successo?
Abbiamo a questo proposito due tipi di fonti. Il primo tipo, il più conosciuto, sono i racconti dovuti alla penna di Luca, che per ben tre volte narra l’evento negli Atti degli Apostoli (cfr 9,1-19; 22,3-21; 26,4-23). Il lettore medio è forse tentato di fermarsi troppo su alcuni dettagli, come la luce dal cielo, la caduta a terra, la voce che chiama, la nuova condizione di cecità, la guarigione come per la caduta di squame dagli occhi e il digiuno. Ma tutti questi dettagli si riferiscono al centro dell’avvenimento: il Cristo risorto appare come una luce splendida e parla a Saulo, trasforma il suo pensiero e la sua stessa vita. Lo splendore del Risorto lo rende cieco: appare così anche esteriormente ciò che era la sua realtà interiore, la sua cecità nei confronti della verità, della luce che è Cristo. E poi il suo definitivo “sì” a Cristo nel battesimo riapre di nuovo i suoi occhi, lo fa realmente vedere.
Nella Chiesa antica il battesimo era chiamato anche “illuminazione”, perché tale sacramento dà la luce, fa vedere realmente. Quanto così si indica teologicamente, in Paolo si realizza anche fisicamente: guarito dalla sua cecità interiore, vede bene. San Paolo, quindi, è stato trasformato non da un pensiero ma da un evento, dalla presenza irresistibile del Risorto, della quale mai potrà in seguito dubitare tanto era stata forte l’evidenza dell’evento, di questo incontro. Esso cambiò fondamentalmente la vita di Paolo; in questo senso si può e si deve parlare di una conversione. Questo incontro è il centro del racconto di san Luca, il quale è ben possibile che abbia utilizzato un racconto nato probabilmente nella comunità di Damasco. Lo fa pensare il colorito locale dato dalla presenza di Ananìa e dai nomi sia della via che del proprietario della casa in cui Paolo soggiornò (cfr At 9,11).
Il secondo tipo di fonti sulla conversione è costituito dalle stesse Lettere di san Paolo. Egli non ha mai parlato in dettaglio di questo avvenimento, penso perché poteva supporre che tutti conoscessero l’essenziale di questa sua storia, tutti sapevano che da persecutore era stato trasformato in apostolo fervente di Cristo. E ciò era avvenuto non in seguito ad una propria riflessione, ma ad un evento forte, ad un incontro con il Risorto. Pur non parlando dei dettagli, egli accenna diverse volte a questo fatto importantissimo, che cioè anche lui è testimone della risurrezione di Gesù, della quale ha ricevuto immediatamente da Gesù stesso la rivelazione, insieme con la missione di apostolo. Il testo più chiaro su questo punto si trova nel suo racconto su ciò che costituisce il centro della storia della salvezza: la morte e la risurrezione di Gesù e le apparizioni ai testimoni (cfr. 1 Cor 15). Con parole della tradizione antichissima, che anch’egli ha ricevuto dalla Chiesa di Gerusalemme, dice che Gesù morto crocifisso, sepolto, risorto apparve, dopo la risurrezione, prima a Cefa, cioè a Pietro, poi ai Dodici, poi a cinquecento fratelli che in gran parte in quel tempo vivevano ancora, poi a Giacomo, poi a tutti gli Apostoli. E a questo racconto ricevuto dalla tradizione aggiunge: “Ultimo fra tutti apparve anche a me” (1 Cor 15,8). Così fa capire che questo è il fondamento del suo apostolato e della sua nuova vita. Vi sono pure altri testi nei quali appare la stessa cosa: “Per mezzo di Gesù Cristo abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato” (cfr Rm 1,5); e ancora: “Non ho forse veduto Gesù, Signore nostro?” (1 Cor 9,1), parole con le quali egli allude ad una cosa che tutti sanno. E finalmente il testo più diffuso si legge in Gal 1,15-17: “Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco”. In questa “autoapologia” sottolinea decisamente che anche lui è vero testimone del Risorto, ha una propria missione ricevuta immediatamente dal Risorto.
Possiamo così vedere che le due fonti, gli Atti degli Apostoli e le Lettere di san Paolo, convergono e convengono sul punto fondamentale: il Risorto ha parlato a Paolo, lo ha chiamato all’apostolato, ha fatto di lui un vero apostolo, testimone della risurrezione, con l’incarico specifico di annunciare il Vangelo ai pagani, al mondo greco-romano. E nello stesso tempo Paolo ha imparato che, nonostante l’immediatezza del suo rapporto con il Risorto, egli deve entrare nella comunione della Chiesa, deve farsi battezzare, deve vivere in sintonia con gli altri apostoli.
Solo in questa comunione con tutti egli potrà essere un vero apostolo, come scrive esplicitamente nella prima Lettera ai Corinti: “Sia io che loro così predichiamo e così avete creduto” (15, 11). C’è solo un annuncio del Risorto, perché Cristo è uno solo. Come si vede, in tutti questi passi Paolo non interpreta mai questo momento come un fatto di conversione. Perché? Ci sono tante ipotesi, ma per me il motivo è molto evidente. Questa svolta della sua vita, questa trasformazione di tutto il suo essere non fu frutto di un processo psicologico, di una maturazione o evoluzione intellettuale e morale, ma venne dall’esterno: non fu il frutto del suo pensiero, ma dell’incontro con Cristo Gesù. In questo senso non fu semplicemente una conversione, una maturazione del suo “io”, ma fu morte e risurrezione per lui stesso: morì una sua esistenza e un’altra nuova ne nacque con il Cristo Risorto. In nessun altro modo si può spiegare questo rinnovamento di Paolo. Tutte le analisi psicologiche non possono chiarire e risolvere il problema. Solo l'avvenimento, l'incontro forte con Cristo, è la chiave per capire che cosa era successo: morte e risurrezione, rinnovamento da parte di Colui che si era mostrato e aveva parlato con lui. In questo senso più profondo possiamo e dobbiamo parlare di conversione. Questo incontro è un reale rinnovamento che ha cambiato tutti i suoi parametri. Adesso può dire che ciò che prima era per lui essenziale e fondamentale, è diventato per lui “spazzatura”; non è più “guadagno”, ma perdita, perché ormai conta solo la vita in Cristo.
Non dobbiamo tuttavia pensare che Paolo sia stato così chiuso in un avvenimento cieco. È vero il contrario, perché il Cristo Risorto è la luce della verità, la luce di Dio stesso. Questo ha allargato il suo cuore, lo ha reso aperto a tutti. In questo momento non ha perso quanto c'era di bene e di vero nella sua vita, nella sua eredità, ma ha capito in modo nuovo la saggezza, la verità, la profondità della legge e dei profeti, se n'è riappropriato in modo nuovo. Nello stesso tempo, la sua ragione si è aperta alla saggezza dei pagani; essendosi aperto a Cristo con tutto il cuore, è divenuto capace di un dialogo ampio con tutti, è divenuto capace di farsi tutto a tutti. Così realmente poteva essere l'apostolo dei pagani.
Venendo ora a noi stessi, ci chiediamo che cosa vuol dire questo per noi? Vuol dire che anche per noi il cristianesimo non è una nuova filosofia o una nuova morale. Cristiani siamo soltanto se incontriamo Cristo. Certamente Egli non si mostra a noi in questo modo irresistibile, luminoso, come ha fatto con Paolo per farne l'apostolo di tutte le genti. Ma anche noi possiamo incontrare Cristo, nella lettura della Sacra Scrittura, nella preghiera, nella vita liturgica della Chiesa. Possiamo toccare il cuore di Cristo e sentire che Egli tocca il nostro. Solo in questa relazione personale con Cristo, solo in questo incontro con il Risorto diventiamo realmente cristiani. E così si apre la nostra ragione, si apre tutta la saggezza di Cristo e tutta la ricchezza della verità. Quindi preghiamo il Signore perché ci illumini, perché ci doni nel nostro mondo l'incontro con la sua presenza: e così ci dia una fede vivace, un cuore aperto, una grande carità per tutti, capace di rinnovare il mondo.”
Benedetto XVI, 3 settembre 2008

Vivere la fraternità universale nel Mese Missionario

Ogni anno, la festa di Santa Teresa del Bambino Gesù, proclamata nel 1927 Patrona delle Missioni con San Francesco Saverio, caratterizza l’inizio dell’Ottobre Missionario che anche quest’anno avrà il culmine nella celebrazione della 82° Giornata Missionaria, Domenica 26 Ottobre 2008. Le iniziative del Mese Missionario ricordano il dovere di ogni battezzato di collaborare alla Missione universale della Chiesa.Ogni settimana dell’Ottobre Missionario viene dedicato ad un tema specifico: contemplazione -vocazione –responsabilità- carità –ringraziamento; la preghiera individuale e comunitaria, la promozione ed il sostegno delle vocazioni missionarie, sono essenziali per rilanciare con coraggio la Missione“ad gentes”. “ Guai a me se non predicassi il Vangelo!” è il tema scelto per la 82° Giornata Missionaria Mondiale da Sua Santità Benedetto XVI,nel Messaggio per la Giornata Missionaria 2008. Egli ha indicato San Paolo,l’Apostolo delle genti ,( di cui si celebra quest’anno uno speciale giubileo ) come modello dell’impegno apostolico da seguire , “per propagare fino agli estremi confini del mondo l’annuncio del Vangelo, potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede.” Il Santo Padre pone l’accento ed invita a riflettere sulla sofferenza del mondo di oggi, afflitto da violenze,povertà,discriminazioni, ingiustizie; l’Umanità sembra quasi senza futuro. Per noi credenti la risposta al futuro viene dal Vangelo, come Benedetto XVI scrive nella lettera Enciclica “Spe salvi “.E’Cristo il nostro futuro,” il suo Vangelo è comunicazione che "cambia la vita", dona la speranza, spalanca la porta oscura del tempo e illumina il futuro dell’umanità e dell’universo (cfr n. 2).” Annunciare la salvezza di Cristo è una questione d’amore per ogni cristiano, ci dice il Santo Padre, nel suo messaggio e l’Apostolo Paolo ci insegna le tappe del cammino “ la scoperta del tesoro nascosto : la gioia di essere amati dal Padre Buono, di riconoscersi concretamente fratelli e sorelle. Dio si dona in Cristo,Salvatore e Fratello universale; Egli apre alla salvezza tutti, anche chi non lo sa o non lo conosce.” Il Santo Padre in “ Deus caritas est”, ci dice che Dio è Amore e conduce la Chiesa verso le frontiere dell’umanità suscitando nel cuore degli evangelizzatori il desiderio di abbeverarsi alla Sorgente originaria che è Cristo dal cui cuore trafitto scaturisce l’Amore di Dio. San Paolo,infatti, ci conferma tutto ciò nella Lettera ai Galati affermando “ Non sono più io che vivo,ma è Cristo che vive in me !” ( Gal ,2,20 ). E’ Cristo la fonte da cui attingere le energie necessarie per donare agli altri accoglienza, tenerezza, disponibilità, condivisione. Il Mese Missionario,dunque, come momento opportuno per testimoniare Cristo con la nostra vita, e far sentire la nostra vicinanza e la nostra solidarietà a coloro che operano in terre lontane non solo con l’aiuto economico , con la collaborazione ed il mutuo sostegno, ma anche con la preghiera,la Comunione di Spirito , per sentirci una Famiglia Universale in Cristo Gesù.
Giulia Schiavo

DAL MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI


Si riportano alcuni passi del messaggio di Sua Santità Benedetto XVI per la giornata missionaria mondiale, 19 ottobre 2008.
“Cari fratelli e sorelle,
in occasione della Giornata Missionaria Mondiale, vorrei invitarvi a riflettere sull’urgenza che permane di annunciare il Vangelo anche in questo nostro tempo. Il mandato missionario continua ad essere una priorità assoluta per tutti i battezzati, chiamati ad essere "servi e apostoli di Cristo Gesù" in questo inizio di millennio. Il mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, affermava già nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi che "evangelizzare è la grazia, la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda" (n. 14). Come modello di questo impegno apostolico, mi piace indicare particolarmente san Paolo, l’Apostolo delle genti, poiché quest’anno celebriamo uno speciale giubileo a lui dedicato. È l’Anno Paolino, che ci offre l’opportunità di familiarizzare con questo insigne Apostolo, che ebbe la vocazione di proclamare il Vangelo ai Gentili, secondo quanto il Signore gli aveva preannunciato: "Va’, perché io ti manderò lontano, tra i pagani" (At 22,21). Come non cogliere l’opportunità offerta da questo speciale giubileo alle Chiese locali, alle comunità cristiane e ai singoli fedeli, per propagare fino agli estremi confini del mondo l’annuncio del Vangelo, potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede (Rm 1,16)?
1. L’umanità ha bisogno di liberazione
L’umanità ha bisogno di essere liberata e redenta. La creazione stessa - dice san Paolo – soffre e nutre la speranza di entrare nella libertà dei figli di Dio (cfr Rm 8,19-22). Queste parole sono vere anche nel mondo di oggi. La creazione soffre. L’umanità soffre ed attende la vera libertà, attende un mondo diverso, migliore; attende la "redenzione". E in fondo sa che questo mondo nuovo aspettato suppone un uomo nuovo, suppone dei "figli di Dio". Vediamo più da vicino la situazione del mondo di oggi. Il panorama internazionale, se da una parte presenta prospettive di promettente sviluppo economico e sociale, dall’altra offre alla nostra attenzione alcune forti preoccupazioni per quanto concerne il futuro stesso dell’uomo. La violenza, in non pochi casi, segna le relazioni tra gli individui e i popoli; la povertà opprime milioni di abitanti; le discriminazioni e talora persino le persecuzioni per motivi razziali, culturali e religiosi, spingono tante persone a fuggire dai loro Paesi per cercare altrove rifugio e protezione; il progresso tecnologico, quando non è finalizzato alla dignità e al bene dell’uomo né ordinato ad uno sviluppo solidale, perde la sua potenzialità di fattore di speranza e rischia anzi di acuire squilibri e ingiustizie già esistenti. Esiste inoltre una costante minaccia per quanto riguarda il rapporto uomo-ambiente dovuto all’uso indiscriminato delle risorse, con ripercussioni sulla stessa salute fisica e mentale dell’essere umano. Il futuro dell’uomo è poi posto a rischio dagli attentati alla sua vita, attentati che assumono varie forme e modalità. Dinanzi a questo scenario "sentiamo il peso dell’inquietudine, tormentati tra la speranza e l'angoscia" (Cost. Gaudium et spes, 4) e preoccupati ci chiediamo : che ne sarà dell’umanità e del creato? C’è speranza per il futuro, o meglio, c’è un futuro per l’umanità? E come sarà questo futuro? La risposta a questi interrogativi viene a noi credenti dal Vangelo. È Cristo il nostro futuro e, come ho scritto nella Lettera enciclica Spe salvi, il suo Vangelo è comunicazione che "cambia la vita", dona la speranza, spalanca la porta oscura del tempo e illumina il futuro dell’umanità e dell’universo (cfr n. 2). San Paolo aveva ben compreso che solo in Cristo l’umanità può trovare redenzione e speranza. Perciò avvertiva impellente e urgente la missione di "annunciare la promessa della vita in Cristo Gesù" (2 Tm 1,1), "nostra speranza" (1 Tm 1,1), perché tutte le genti potessero partecipare alla stessa eredità ed essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo (cfr Ef 3,6). Era cosciente che priva di Cristo, l’umanità è "senza speranza e senza Dio nel mondo (Ef 2,12) – senza speranza perché senza Dio" (Spe salvi, 3). In effetti, "chi non conosce Dio, pur potendo avere molteplici speranze, in fondo è senza speranza, senza la grande speranza che sorregge tutta la vita (Ef 2,12)" (ivi, 27).
2. La Missione è questione di amore
È dunque un dovere impellente per tutti annunciare Cristo e il suo messaggio salvifico. "Guai a me – affermava san Paolo – se non predicassi il Vangelo!" (1 Cor 9,16). Sulla via di Damasco egli aveva sperimentato e compreso che la redenzione e la missione sono opera di Dio e del suo amore. L’amore di Cristo lo portò a percorrere le strade dell’Impero Romano come araldo, apostolo, banditore, maestro del Vangelo, del quale si proclamava "ambasciatore in catene" (Ef 6,20). La carità divina lo rese "tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno" (1 Cor 9,22). Guardando all’esperienza di san Paolo, comprendiamo che l’attività missionaria è risposta all’amore con cui Dio ci ama. Il suo amore ci redime e ci sprona verso la missio ad gentes; è l’energia spirituale capace di far crescere nella famiglia umana l’armonia, la giustizia, la comunione tra le persone, le razze e i popoli, a cui tutti aspirano (cfr Enc. Deus caritas est, 12). È pertanto Dio, che è Amore, a condurre la Chiesa verso le frontiere dell’umanità e a chiamare gli evangelizzatori ad abbeverarsi "a quella prima originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l'amore di Dio" (Deus caritas est, 7). Solo da questa fonte si possono attingere l’attenzione, la tenerezza, la compassione, l’accoglienza, la disponibilità, l’interessamento ai problemi della gente, e quelle altre virtù necessarie ai messaggeri del Vangelo per lasciare tutto e dedicarsi completamente e incondizionatamente a spargere nel mondo il profumo della carità di Cristo.
3. Evangelizzare sempre
Mentre resta necessaria e urgente la prima evangelizzazione in non poche regioni del mondo, scarsità di clero e mancanza di vocazioni affliggono oggi varie Diocesi ed Istituti di vita consacrata. È importante ribadire che, pur in presenza di crescenti difficoltà, il mandato di Cristo di evangelizzare tutte le genti resta una priorità. Nessuna ragione può giustificarne un rallentamento o una stasi, poiché "il mandato di evangelizzare tutti gli uomini costituisce la vita e la missione essenziale della Chiesa" (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 14). Missione che "è ancora agli inizi e noi dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio" (Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris missio, 1). Come non pensare qui al Macedone che, apparso in sogno a Paolo, gridava: "Passa in Macedonia e aiutaci"? Oggi sono innumerevoli coloro che attendono l’annuncio del Vangelo, coloro che sono assetati di speranza e di amore. Quanti si lasciano interpellare a fondo da questa richiesta di aiuto che si leva dall’umanità, lasciano tutto per Cristo e trasmettono agli uomini la fede e l’amore per Lui! (cfr Spe salvi, 8).”

In Ascolto dei giovani



Per tanti di noi, soprattutto studenti, in questo periodo inizia il grande tempo dell’ordinarietà, perchè con esso si riprendono le attività scolastiche ed educative. Anche nelle le nostre comunità parrocchiali questo è il mese in cui dopo un lungo periodo di riposo si programmano e ripartono le attività formative per tutte le fascedi età. Infatti, il prossimo 4 ottobre ugualmente per la nostra parrocchia parte di nuovo il catechismo dei fanciulli, la preparazione dei bambini al Sacramento della Riconciliazione e della Comunione, la preparazione dei giovani al sacramento della Cresima, la formazione degli adulti e giovani di Azione Cattolica e per questo nuovo anno pastorale stiamo programmando per i giovani un corso speciale di formazione alla fede. Si, per i giovani di Ravello che sono più lontani dalle comunità parrocchiali, per quei giovani che hanno tante cose da dirci, a cui la comunità deve prestare massima attenzione e premura. Vogliamo ascoltare le loro difficoltà, le loro esigenze, quello che si aspettano da noi. Tutti noi educatori, catechisti, genitori dobbiamo ascoltare i nostri giovani che oggi sempre di più sono tentati di chiudersi nel loro mondo, omologati come sono dalla cultura superficiale in cui sono immersi. Dobbiamo parlare di ascolto non come premessa alla specifica missione di quest’anno, ma come modalità attuativa della medesima. Ascoltare, infatti, è atto mediante il quale si può stabilire una relazione positiva tra le persone, una relazione in cui si può accogliere la testimonianza, in parole ed opere, della novità evangelica. Ascoltare i nostri giovani, non rappresenta solo un espediente strumentale, ma diviene per la nostra parrocchia una precisa scelta pastorale. A noi educatori sta il compito di assumere appropriate categorie interpretative, che ci aiutino a conoscere e a comprendere le loro domande di sempre, le loro nuove culture, i loro linguaggi sempre più variegati e i nuovi strumenti con cui oggi si esprimono. Tutte queste categorie che appartengono ai giovani sono forme e modalità spesso di non facile interpretazione per il mondo degli adulti. Tutti noi dobbiamo evitare atteggiamenti di rifiuto per il loro modo di pensare e per la loro cultura, dobbiamo giungere a discernere il vero che queste culture presentano oggi sotto le vesti del nuovo, cosi come ci hanno insegnato i nostri Vescovi nel documento Educare i giovani alla fede. Nella vita spesso distratta e mondana dei nostri amici c’è una verità nascosta da tirare fuori, scoprirla, e accoglierla è decisivo per la nostra comunità. Tutta la comunità è chiamata a fare una pastorale giovanile, tutti noi siamo interpellati a dare una mano per i giovani. È la comunità che chiama i giovani alla fede e non il singolo catechista che per quanto abbia carisma da solo non è sufficiente in questo compito importante. Tutti, incominciando dalle famiglie, il parroco, i catechisti, i responsabili del settore giovani e perfino gli addetti al culto fanno e devono fare pastorale giovanile. La nostra parrocchia, nei luoghi, nelle persone e nelle attività deve essere una sede accogliente per il giovane che passa. Deve essere il luogo del religioso ascolto da attuare, non solo in relazione alla Parola di Dio scritta, ma a quella Parola che Dio pronuncia oggi attraverso la storia personale e collettiva e mediante le generazioni che in essa si succedono. Abbiamo bisogno della Scrittura per decifrare il mistero divino presente nell’uomo e nella sua storia, ma abbiamo anche bisogno di saper leggere l’umanità in tutto ciò che possiede di buono,bello e valido per accogliere in tutta la sua attualità la Parola di Dio che risuona nella nostra storia presente. Il nostro bellissimo Duomo deve essere, per noi di Ravello, la coniugazione dei due ascolti, affinché diventi spazio in cui si annunci efficacemente il Vangelo a tutti, anche ai più giovani. Se consideriamo che quella Parola di Dio è l’uomo Gesù, allora è chiaro che l’incontro oggi con la sua persona vivente non può non passare attraverso l’incontro concreto con i volti di uomini e donne: di coloro che appartengono più strettamente alla Chiesa, ma anche di tutti coloro nei quali Cristo ha indicato se stesso presente: i poveri, i piccoli, i marginati. Un luogo adatto a tale compito però non è sufficiente per annunciare fino in fondo la Buona Novella; c’è bisogno anche che essa venga testimoniata, c’è bisogno di giovani che abbiano il coraggio si saper testimoniare Cristo, come ha esortato il Santo Padre Benedetto XVI nella sua visita Apostolica a Parigi, lo scorso 12 settembre. Il Papa ha detto ai giovani presenti alla veglia e a tutti noi che lo abbiamo seguito attraverso la Tv: voi siete nell’età della generosità. È urgente parlare di Cristo attorno a voi, alle vostre famiglie e ai vostri amici, nei vostri luoghi di studio, di lavoro o divertimento. Non abbiate paura! Abbiate il coraggio di vivere il Vangelo e l’audacia di proclamarlo . Per questo io vi incoraggio a trovare le parole adatte per annunciare Dio intorno a voi, poggiando la vostra testimonianza sulla forza dello Spirito implorata nella preghiera. Portate la Buona Novella ai giovani della vostra età e anche agli altri. Essi conoscono le turbolenze degli affetti, la preoccupazione e l’incertezza di fronte al lavoro ed agli studi. Affrontano sofferenze e fanno l’esperienza di gioie uniche. Rendete testimonianza di Dio, perché, in quanto giovani, voi fate pienamente parte della comunità cattolica in virtù del vostro battesimo e in ragione della comune professione di fede (cfr. Ef 4, 5). La Chiesa conta su di voi, ci tengo a dirvelo! Queste parole così profonde sono rivolte anche a voi giovani di Ravello: non aprite il vostro cuore solo al mero interesse e al divertimento di questa società, ma spalancatelo alla Gioia vera che è Cristo Gesù. Accogliendo il nostro invito avremo l’occasione di conoscerci meglio,ascoltarci e percorrere insieme il cammino della scoperta del vero senso della fraternità.
Giuseppe Milo

Nella festa di S. Francesco inizia l’anno catechistico


Cari Genitori,
il 4 ottobre p.v. alle ore 16.00, ci ritroveremo tutti, genitori e fanciulli, nella Chiesa di Santa Maria a Gradillo per dare inizio al nuovo anno catechistico. Per questo e soprattutto perché questo cammino possa dare i suoi frutti, noi abbiamo bisogno della Vostra collaborazione. Il catechismo ha un valore grandissimo nella crescita dei Vostri ragazzi perché permette loro di maturare nella fede alla scuola di un grande maestro che è Gesù; soprattutto permette loro di conoscere attraverso gli incontri settimanali una regola di vita improntata al rispetto per gli altri, alla giustizia e senza alcun dubbio all’Amore. Quell’Amore con l’A maiuscola che Gesù ci ha dimostrato morendo per salvarci, quell’Amore che fa la differenza tra chi sopravvive tra le vicende della vita e chi invece vive pienamente il dono che Dio ci ha fatto. Vi chiediamo, quindi, di collaborare con noi per non privare i Vostri figli di crescere da buoni Cristiani, calati nella storia di questo tempo ma con lo sguardo rivolto ai valori fondamentali, quali il rispetto della vita e del prossimo, la fede, la famiglia. Anche se viviamo una piccola realtà urbana, quale è Ravello, anche i Vostri ragazzi, specialmente s nell’età dell’adolescenza, sono sottoposti a continue sollecitazioni che li distraggono da quella crescita sana con cui siete stati allevati anche Voi, essi vivono esperienze che Voi avete fatto quando eravate già più grandi e quindi più maturi, essi vedono e sentono cose che richiedono maturità di giudizio e di scelta. Lo sappiamo Voi li seguite con amore e li educate alla vita con tutte le attenzioni di cui siete capaci. Forse il nostro contributo può essere letto in un’ottica di ampliamento di questo cammino formativo ed educativo: noi, con il catechismo, possiamo offrire ai vostri figli un momento di crescita nella fede aggiuntivo al percorso di maturazione da cristiani che Voi fate fare loro a casa. Però perché questa sfida giunga a successo, noi non possiamo non chiedere la Vostra collaborazione: siate genitori solleciti nel ricordare ai ragazzi l’appuntamento settimanale con l’ora di catechismo e soprattutto l’incontro domenicale con Gesù. “Senza la Domenica non possiamo vivere”, questa era l’esclamazione dei cristiani di Abitene di fronte al martirio per la fede in Gesù; facciamo nostra questa espressione perché anche i nostri giorni siano un continuo scambio di Amore con Dio. Quest’anno, durante il cammino di formazione, ci saranno anche degli incontri per i genitori: non Vi preoccupate sarà un unico incontro mensile della durata di 45 minuti, durante il quale cercheremo di leggere il vissuto quotidiano attraverso la luce della fede. Sarà un cammino importante per Voi, che avrete la possibilità di maturare la Vostra fede, e per i Vostri figli, che vedranno nei genitori lo stile di vita che proponiamo negli incontri di catechesi. All’inizio di questo percorso, che noi vogliamo leggere come un viaggio avventuroso che ci porterà a rispondere a domande, a leggere sui volti dei Vostri ragazzi gioie e delusioni, a incontrare curiosità ed indifferenza, Vi chiediamo solo di aiutarci: siete i benvenuti agli incontri settimanali che terremo in Duomo e nella Chiesa di S. Maria a Gradillo, Vi aspettiamo in tutte le occasioni di crescita spirituale che sono organizzate nella Parrocchia, dall’Adorazione alla Lectio divina. Lo sappiamo la vita dei genitori, e soprattutto delle mamme, è superimpegnata (anche alcuni di noi sono genitori!), ma se riuscirete a ritagliare un po’ del Vostro tempo per maturare nella fede, vedrete che anche tutto il resto migliorerà.
Buon anno catechistico a Voi, ai Vostri figli e a presto!!!!
Ravello, 21 settembre 2008
I Catechisti

Scoprire nei volti il Volto

Siamo in autunno e dopo le distrazioni estive è il tempo di ricominciare il cammino formativo anche per gli adulti che aderiscono all’Azione Cattolica, cammino che nasce dalla volontà di crescere nella fede per affrontare la quotidianità con lo sguardo rivolto ad un volto, anzi al Volto, a quello di Cristo. Il percorso, infatti, di quest’anno ha come centro ideale il volto di Cristo da cogliere e riscoprire attraverso i volti di quelli che incontriamo ogni giorno, volti negati, fraterni, sfigurati e trasfigurati, non dimenticando la figura dell’Apostolo Paolo che nel volto luminoso di Cristo risorto ha saputo riconoscere la verità che fino ad allora non aveva saputo vedere. Benedetto XVI nella affollata Piazza San Pietro del 4 maggio 2008 ha voluto ricordare all’Azione Cattolica l’impegno a “mantenersi fedele alle proprie radici di fede, nutrite da un’adesione piena alla Parola di Dio, da un amore incondizionato alla Chiesa, da una partecipazione vigile alla vita civile e da un costante impegno formativo” e questo impegno non può essere assolto se non camminando insieme alla luce del Vangelo, negli incontri del settore, per rispolverare quelle che sono le radici dell’Associazione. Ma perché concentrarsi sul Volto? Il volto è la prima cosa che ognuno guarda quando incontra una persona, è la parte del corpo che ci svela le intenzioni dell’altro, la condizione del nostro interlocutore ed è un aspetto che non è sempre uguale, ma cambia nel corso del tempo portando i segni del vissuto. Nel nostro cammino annuale il volto degli uomini si trasforma in quello di Cristo ed è un volto radioso o triste, perseguitato o dimenticato, ma sempre carico di un significato unico che l’amore di Dio che vi traspare. La nostra vita, infatti, è fatta di relazioni, di incontri e nel passo iniziale del percorso formativo di AC siamo chiamati a considerare quale connotazione diamo alla trama dei rapporti con gli alti che incontriamo ogni giorno. “Dimmi il tuo nome” è la prima sezione del testo che seguiremo quest’anno; il nome, che riceviamo nel Battesimo, ci accompagna tutta la vita e ricorda ciò che Dio ha fatto durante la creazione: ogni nuovo prodotto creativo di Dio ricevette da Lui il nome, ciò che Dio fece allora, lo fanno i nostri genitori durante il battesimo. Il secondo passo è la riscoperta dei “Volti negati”, che ritroveremo attraverso la sofferenza di Cristo, quella sofferenza che nessuno dei suoi discepoli si aspettava, considerato che per loro Cristo doveva essere il liberatore del popolo di Israele dalla supremazia romana. Ed invece il volto negato della sofferenza di Cristo sarà quello che più sconvolgerà i suoi apostoli, che non provarono paura di fronte alla trasfigurazione del volto di Gesù sul monte come la provarono davanti al volto sanguinante di Cristo crocifisso. Dopo aver scoperto il volto sofferente del mondo, siamo chiamati a soffermarci sul volto fraterno di chi vive la quotidianità del servizio, un servizio dove il fare si unisce all’essere, dove il compromettersi di persona ci richiama alla memoria i fatti del Giovedì Santo, quando Cristo si pone a servizio dei suoi, lavando i piedi di ognuno in un gesto di profonda umiltà e dono. Il servizio deve essere rivolto ai tanti volti sfigurati del nostro oggi, volti che ci ricordano quello di Cristo crocifisso e che spesso non riusciamo a guardare e a vedere, nella nostra corsa verso l’apparire. Ma se sappiamo donarci agli altri, sappiamo anche trasfigurarci, cioè spogliarci di noi stessi abbandonandoci all’amore obbediente del Padre. Diventiamo così volti di speranza, capaci “di rilanciare il senso per il vivere, l’amare, il lavorare, il soffrire e, persino, il morire”. La guida per questo percorso si conclude con il testo prodotto durante la XIII assemblea dell’AC, dove vengono riaffermate le priorità per la nostra Associazione, soprattutto in termini di formazione per gli altri e per noi stessi. Proprio per accogliere l’invito del Santo Padre a mantenere vive le nostre radici di fede e ad essere volti di speranza per chi è sfigurato nella dignità di uomo, vogliamo anche quest’anno incontraci ogni due settimane per un incontro formativo, dove affrontare questo percorso e crescere nella fede. Gli incontri, aperti a tutti, si terranno il mercoledì secondo il calendario che sarà comunicato nella prima settimana di ottobre e saranno accompagnati dalla meditazione davanti a Gesù Eucaristia il giovedì sera, per attingere da Lui la forza per vincere la pigrizia e l’egoismo ed essere missionari come lo fu l’apostolo Paolo.
Maria Carla Sorrentino

LA CHIESA e il culto DEI SANTI COSMA E DAMIANO A RAVELLO NEL SETTECENTO

Da alcuni anni mi sto occupando del culto dei santi Cosma e Damiano a Ravello in età moderna tenendo conto essenzialmente della documentazione locale edita ed inedita. Un'attenzione stimolata da diversi fattori tra i quali merita un posto di rilievo il recente interesse scientifico per il culto dei santi orientali venerati a Ravello e che ha prodotto tra l'altro diversi Convegni di Studi. Proseguendo così un percorso che lo scorso mese era giunto cronologicamente alla fine del Seicento e si era fermato alla visita pastorale del vescovo Luigi Capuano datata 1694, tenterò di ricostruire quello che era lo stato morale e giuridico della chiesa dei Santi Cosma e Damiano nel Settecento. Il 14 aprile 1696 Mons. Luigi Capuano affidava a Francesco D'Amato la cura parrocchiale di Sant'Andrea del Pendolo e delle chiese annesse, tra le quali quella dei Santi Cosma e Damiano. Il nuovo parroco esercitò il suo ministero fino agli anni venti del Settecento occupandosi contemporaneamente anche dell'ufficio di procuratore di S.Trifone, carica che aveva esercitato fin dal 1689 per conto degli abati commendatari D. Claudio Filomarino e Giuseppe Renato Imperiali, nominato cardinale il 13 febbraio 1690 da papa Alessandro VIII. Lo troviamo nominato come beneficiato di S. Cosma nella visita pastorale di Mons. Perimezzi iniziata nel settembre del 1710. Il dotto vescovo calabrese, autore di diverse pubblicazioni, tra le quali ricordiamo la "vita di San Francesco di Paola fondatore dell'ordine dei Minimi" o le "ecclesiastiche dissertazioni dette in Roma nell'Accademia de' Concilj del Collegio Urbano de Propaganda Fide", visitò la chiesa dei SS.Cosma e Damiano il 26 settembre. Nell'altare maggiore dedicato ai santi medici trova ventitre immagini di argento di S. Cosma fatte ex votis fidelium in segno di devozione per le grazie che essi avevano ricevuto e, notando forse la mancanza di campane, ordina il trasferimento a San Cosma di un bronzo con l'immagine del santo allora utilizzato per l'orologio della cattedrale. Allo stesso modo una statua lignea di S. Cosma, conservata presso le bendettine della SS. Trinità, doveva essere portata in posterum nella piccola chiesa. Infine, per la maggior cura dei paramenti il parroco Francesco D'Amato viene invitato a procurarsi una cassa munita di chiavi in modo da conservarli decentemente. In quegli anni l'interno della chiesa presentava due altari, quello maggiore dedicato a Cosma e Damiano ed un altro in onore dell'Assunzione di Maria, quest'ultimo eretto dopo la chiusura al culto della sottostante chiesa di S. Maria del Lago. Sull'altare però mancava la tela raffigurante la Vergine, rovinata a causa dell'incuria, e pertanto il vescovo Nicola Guerriero ordinava nel 1718 che la tela venisse ridipinta entro due mesi sotto la pena dell'interdetto per l'altare. L'ordine di apporre una tela dipinta viene esteso nel 1721 anche all'altare maggiore dedicato ai santi medici, ma tale operazione verrà effettuata solo nel 1726. La continua attenzione per il decoro dei luoghi e per gli arredi liturgici fu ribadito dallo stesso vescovo anche nei "decreta generalia" emanati dopo la visita pastorale. Nel 1732 veniva nominato vescovo di Ravello Antonio Maria Santoro dell'ordine dei Minimi di San Francesco di Paola - lo stesso di Perimezzi - il quale si distinse non solo per pietà e povertà, ma riparò ed ampliò i palazzi vescovili di Scala e Ravello. Il presule cosentino eseguirà la visita pastorale sul finire del 1733 e parlando della chiesa di S. Cosma troviamo menzionato un nuovo beneficiato nella persona di Don Eustachio Pisano, canonico della Cattedrale. È questa l'ultima visita pastorale che ci parla della chiesa, poiché dalle visite successive saranno visitate solo le chiese parrocchiali. Concentreremo allora quest'ultima parte dell'articolo alle figure dei beneficiati di S. Cosma fino al termine del Settecento. Abbiamo già introdotto la figura di Don Eustachio Pisano il quale nel 1743 ottenne l' assenso ex delegatione Apostolica per la censuazione di una «selvetella castagniale» sita in agro di Ravello nel luogo «dove si dice Casella sopra la Fontana delle Carose».Fu parroco di S. Andrea del Pendolo fino al 6 dicembre 1745, giorno della sua morte. Dopo qualche tempo il vescovo di Ravello-Scala Biagio Chiarelli indisse il concorso” per la cura della chiesa. Cura che venne affidata al canonico Giovanni Mansi che nel 1753 viene immesso nel possesso del Penitenziariato, quinta dignità del capitolo della chiesa cattedrale, vacante per la morte di D. Carmine Coppola. Decisamente impegnato ad accrescere il patrimonio delle sue chiese nel 1747 ottenne l'assenso per un censo di 15 grana sul sito dell'antica e diruta chiesa di San Lorenzo del Toro «colle sole mura guaste e malconcie, senza astrico e senza pavimenti, piantata d'un sol fico e due viti latine vicine, anzi in mezzo del palazzo de' signori Confaloni e della casa palatiata». Don Giovanni Mansi resse la chiesa fino al 1756, anno in cui una lettera del vescovo Chiarelli sollecitava l'affidamento della chiesa di S. Andrea del Pendolo al canonico Francesco Mansi. A questi successe l'ebdomadario Onofrio D'Amato, che a questo ministero associava anche quello di cappellano del beneficio semplice del S. Rosario di patronato di Trifone e Carlo Manso, eretto nella chiesa di Sant'Agostino e ottenuto nel 1744.Morì nel marzo del 1782 e il vescovo Nicola Molinari da Lagonegro indisse il concorso alla successione, vinto dall'accolito scalese Don Carmine Imperato. Fu parroco per soli tre anni e morì nel 1785 cosicché l'Arcidiacono D. Giuseppe Fusco, Vicario Capitolare della Diocesi di Ravello, nominava il canonico Don Pantaleone Guerrasio, direttore spirituale della Confraternita di S. Maria del Monte Carmelo di Ravello, economo curato della chiesa parrocchiale dei SS. Andrea e Matteo del Pendolo e degli altri benefici ammessi, tra cui quello dei SS. Cosma e Damiano. Erano però gli ultimi decenni di vita della parrocchia perché negli anni venti dell'Ottocento le chiese di S. Andrea e San Matteo del Pendolo nonché quella dei SS. Cosma e Damiano finirono nella giurisdizione della Parrocchia di S. Pietro alla Costa.
Salvatore Amato
Salvatore Amato

Festa della Natività di Maria

Prima settimana di settembre, ultimi calori estivi, ultimi giorni da trascorrere al mare, per alcuni già tempo di tornare a scuola,…per il piccolo rione del Lacco, inizio dei festeggiamenti! Giorno otto settembre, si celebra, infatti, il “compleanno “ della Mamma di tutta l’umanità, Maria Santissima e per il nostro quartiere, ricorre la solennità della protettrice della parrocchia, Santa Maria Del Lacco, anticipata a domenica sette settembre. Grandi preparativi in questa settimana: il paese tappezzato di manifesti azzurri, semplicissimi, con poche parole e l’invito ad una grande partecipazione; tante luci, piccole lampadine a zig zag tra i balconi del percorso della processione e veri e propri addobbi con forma floreale fin nei punti più remoti del territorio parrocchiale, anche dove la processione non arriva…; tutte le sere, la luce accesa in sacrestia, si discute, si organizza, si pone in essere una raccolta di cose in disuso, ma in buono stato, tipo libri, giochi, cianfrusaglie varie (a che serviranno?); si comincia a chiedersi quale sacerdote potrà essere disponibile per le Celebrazioni Eucaristiche; si pulisce la Chiesa; si fanno due conti…si arriva a giorno sei settembre. In serata, Messa vespertina e domenica mattina un’allegra musica risuona per le strade cittadine: che la festa abbia inizio. Al mattino, la celebrazione delle 09:30 e alla sera Messa solenne presieduta da Padre Antonio Petrosino; chiesa gremita e stuolo di chierichetti al suo fianco, grandi e piccini raccolti per rendere omaggio all’unica protagonista, Maria. In questa ventitreesima domenica del tempo ordinario, il Vangelo ha proposto la necessità della comunione fraterna, attraverso il racconto dell’ammonizione, e quale spunto migliore per il Sacerdote che, con piccoli pratici esempi, tipo l’obbedienza ai genitori, ci ha proposto, durante l’omelia, una bellissima riflessione sul dovere della responsabilità di educare. Un valore forse troppo estremizzato nel passato, ma quasi degenerato oggi giorno, tanto che si nasconde dietro una parvenza di libertà senza regole e con poco rispetto per se stessi e gli altri. Di qui la mancanza di carità, che non fa alcun male al prossimo, e dunque l’abbandono del grande insegnamento di Amore senza confini di cui proprio Maria Santissima è l’icona più rappresentativa. Essa, infatti, ha sacrificato la sua vita al dolore, per Amore di nostro Signore e per l’intera umanità, mentre spesso, tutti messi insieme, non riusciamo a dare neanche “buon esempio”, come se più di duemila anni di testimoni e testimonianze, insegnamenti, apostolato e quanto altro si possa includere nell’opera pastorale ecclesiastica, avessero lascito solo orme nella sabbia. Con questi ammonimenti, e qualche buon suggerimento, come cominciare ad essere caritatevoli e responsabili già nel piccolo, ossia in famiglia, per poter far meglio nel mondo, padre Antonio ha concluso la sua Omelia e la Celebrazione Eucaristica è continuata fino al momento della benedizione quando, ha avuto poi inizio la processione. Tutti in fila, già quasi al buio, ci siamo incamminati per le strade della parrocchia recitando le orazioni e chiedendo la benedizione della nostra padrona. Conclusasi la processione, il corteo è rientrato in Chiesa per il prosieguo della Messa e i consueti saluti e ringraziamenti. La festa di domenica è terminata così, senza lo spettacolo pirotecnico, per iniziativa, condivisa e apprezzata da tutti noi, del comitato festa, nel rispetto per il dolore della scomparsa di Vincenzo, un nostro parrocchiano stimato da tutti per la sua umanità e onestà, doti che resteranno nel tempo a memoria viva del suo ricordo. Giorno otto settembre, c’è stata una nuova celebrazione Eucaristica, sempre presieduta da Padre Antonio e al suo termine…la pesca. La raccolta di cose in disuso, cominciata la settimana prima, è, infatti, servita proprio ad organizzare una piccola pesca, che ha riscosso l’entusiasmo dei partecipanti. I festeggiamenti di Maria Santissima, sono così volti al termine, tuttavia ogni giorno può essere una festa, una festa del cuore, se vissuto così, come Lei ci ha insegnato.
Elisa Mansi

PELLEGRINAGGIO PER ADORARE LA SANTA CROCE


Noi Cristiani celebriamo la festa dell'Esaltazione della Santa Croce il 14 Settembre in memoria dell’anniversario della consacrazione della Chiesa del Santo Sepolcro in Gerusalemme. La festa dell’Esaltazione della Croce richiama alle nostre menti e, in un certo senso, rende attuale, l’elevazione di Cristo sulla croce, che costituisce l’inizio dell’elevazione dell’umanità attraverso la croce. Domenica 14 Settembre a Scala si è celebrata la festa dell’Esaltazione della Santa Croce.
Da Ravello, i confratelli della Congregazione del SS.Nome di Gesù e della Beata Vergine del Monte Carmelo, hanno organizzato un pellegrinaggio verso Scala, dove nella Cripta del Duomo è venerata la Santa Croce. Nonostante il cattivo tempo, guidati dal Priore e dal Parroco, alle 6.30 i confratelli sono giunti in processione presso il Duomo di Scala in un atmosfera unica: pregando e cantando con fede inni alla croce. Arrivati nella Cripta della Chiesa, dove si trova un meraviglioso Crocifisso, c’è stato prima un momento di preghiera personale e poi la recita comunitaria del Santo Rosario e la Santa Messa. Durante l’omelia, Don Bonaventura, ha sottolineato l’importanza della croce non come oggetto, ma come prova che ognuno di noi è chiamato a compiere. Bisogna accettare la propria croce e portarla con amore come ha fatto Gesù; infatti grazie al suo sacrificio siamo stati salvati. La croce è il segno della più profonda umiliazione di Cristo. Agli occhi del popolo di quel tempo costituiva il segno di una morte infamante. Solo gli schiavi potevano essere puniti con una morte simile, non gli uomini liberi. Cristo, invece, accetta volentieri questa morte, la morte sulla croce. Eppure questa morte diviene il principio della risurrezione. Nella risurrezione ,il servo crocifisso viene innalzato su tutto il creato. La croce, già segno del più terribile fra i supplizi, è per il cristiano l'albero della vita, il talamo, il trono, l'altare della nuova alleanza. La croce è il segno della signoria di Cristo su coloro che nel Battesimo sono configurati a lui nella morte e nella gloria. Adoriamo la tua Croce, Signore, e glorifichiamo la tua Santa Risurrezione.
Raffaele Amato

In punta di piedi

“Nelle tue mani , o Signore, consegno la mia anima e a Te raccomando la mia famiglia.Ti ringrazio per tutto ciò che mi hai donato nella vita terrena e perdona ogni mia colpa”.Anche se frutto della mia immaginazione ,credo che non sia stata molto diversa la preghiera che Raffaela Schiavo,da tutti conosciuta come Ninnella,ha mentalmente recitato allorquando si è resa conto che era per lei giunto il momento di lasciare la vita terrena.Coerente con il suo stile di vita, Ninnella, in punta di piedi, ci ha lasciato nel tardo pomeriggio del 16 settembre u.s.,giorno in cui la Chiesa celebra la memoria liturgica dei santi martiri Cornelio e Cipriano.Questo riferimento calendariale non deve stupire, perché Ninnella che partecipava quotidianamente alla Messa conosceva l’ordinamento dell’anno liturgico e del calendario e quindi ci piace osservare che il Signore l’ha chiamata a sé in un giorno di settembre che è uno dei mesi liturgicamente più ricchi e più belli per il numero di feste e memorie che si celebrano nell’arco dei trenta giorni.E’ stata questa una delle prime riflessioni che ho fatto appena mi è stata comunicata la notizia. Poi con la memoria sono andato agli anni della mia adolescenza,agli anni in cui il Duomo di Ravello, devastato dai sovrintendenti, in poco o niente invitava alla preghiera e all’incontro con il Signore.Ho rivisto Ninnella che continuava ostinatamente a partecipare alla Messa festiva e a quella feriale,a recitare rosari e novene,a rappresentare insieme con altre parrocchiane (una quindicina) lo zoccolo duro della comunità ecclesiale di S.Maria Assunta che non si lasciava intimorire dalle intemperie,dalle difficoltà e dai fastidi che i vergognosi ritardi nei lavori di restauro provocavano.In modo scherzoso le definivamo le “fedelissime”di don Peppino,perché sperimentavamo quotidiamente il loro forte legame con la Chiesa. Quando nel 1986 la Comunità di Santa Maria Assunta e Ravello tutta vissero i grandi momenti delle celebrazioni per l’ottavo centenario dell’erezione di Ravello a sede vescovile e nel 1989 la festa per il 50°di sacerdozio di don Peppino senior,Ninnella offrì il suo contributo in termini di pazienza,accettando con cordialità e disponibilità che la sua casa diventasse una cabina di regia dove si programmavano,si discutevano i progetti di quel gruppo di persone che aveva trovato nel canto liturgico una occasione per stare insieme e prestare un servizio alla Comunità. Ma,al di là delle singole date,la testimonianza di fede di Ninnella è stata continua e costante negli anni ed è diventata più forte in questi ultimi mesi.Nonostante le non buone condizioni di salute, ha partecipato con grande sacrificio alla novena in preparazione alla festa di san Pantaleone.Seduta come sempre ai primi banchi,con la corona del Rosario stretta fra le mani, ha recitato per l’ultima volta,dopo tanti anni, la coroncina in onore del Santo Patrono.Si é commossa quando il 16 luglio ha visto partecipare alla Messa in onore della Madonna del Carmine la neo costituita Confraternita e si è rammaricata per non aver potuto prendere parte alle celebrazioni dell’Assunta.Per chi come me era abituato a vedere questa signora “casa e chiesa” presente alle celebrazioni, la legittima tristezza, che si prova quando scompare una persona cara, é anche consapevolezza che con Ninnella è scomparsa una figura storica del Duomo di Ravello.Parlavo all’inizio di una uscita dalla vita in punta di piedi.Sì!con la stesso atteggiamento compito con cui usciva al termine della Messa, il 16 settembre Ninnella è uscita dalla scena della vita,senza clamori,probabilmente consapevole di aver ben svolto la sua missione di moglie e madre cristiana, pronta ad entrare,sempre in punta di piedi,in quel Regno di luce per incontrare Colui del quale ha quotidiamente ascoltato la Parola e del cui Corpo e Sangue si è cibata.Ci mancherai,Ninnella! Ci mancheranno le tue osservazioni,i tuoi complimenti e anche i tuoi bonari rimproveri che erano sincera testimonianza di quel forte amore per Cristo e la sua Chiesa .Ma resterà la tua testimonianza e, per quanto mi riguarda, anche la dolcezza e la delicatezza di quel bacio sulla mano con cui hai voluto ringraziarmi della visita che ti ho fatto agli inizi di settembre.Un gesto che,oggi,mi appare come l’ultima prova di un sentimento di affetto e di stima che spero di non tradire.Grazie di cuore e continua a pregare perchè noi ravellesi impariamo a conoscere il Signore,ad amarLo e ringraziarLo sempre e ovunque e ad incontrarLo ogni Domenica,Pasqua della settimana ,come hai fatto tu che ora vivi la Pasqua eterna.
Roberto Palumbo

A ricordo di una nobile artista che ha tanto amato e illustrato le chiese di Ravello

Il 20 agosto in Duomo i tanti amici dell’ingegnere Guido Fulchignoni Ravello hanno reso omaggio alla salma della consorte Giovanna Coppola che ha desiderato essere sepolta a Ravello, la cittadina da lei tanto amata e fonte della sua ispirazione artistica. Ha presieduto la concelebrazione col parroco, Padre Francesco Capobianco che ha tratteggiato la figura dell’estinta con le nobili espressioni che qui riportiamo.
... Venuta la sera, Cristo disse :" passiamo all'altra sponda"!Giovanna, la tua sera. ..il tuo passaggio...il tuo approdo eterno! Ora ci ascolti, Giovanna, perché - ti diciamo con S. Agostino - sei invisibile, non assente; hai lasciato la terra, ma non la vita; non ti abbiamo perduta, tu dimori prima di noi nella luce di Dio. Come Giobbe , piegata su un dolore che sa di mistero e di Amore , hai respirato anche per noi il soffio della Croce , che ora è per te gioia eterna. Dal cielo continui a sorriderci e riempi il silenzio dei nostri animi muti e dolenti.
Rimani lezione di vita per i tuoi cari , per tutti noi, per quanti custodiscono il ricordo di te, il tuo spessore umano e spirituale di donna forte e dignitosa , di compagna ideale, di mamma attenta e generosa, mentre noi avvertiamo il richiamo a quel vero mondo in cui ora ti trovi, avvolta dalla luce della eterna beatitudine. Chi rinunzia a Dio , spegne il sole per camminare nella luce di una lanterna : Giovanna ha percorso il suo cammino alla luce di un sole increato che le ha fatto dono di una singolare e mai ostentata sensibilità umana e artistica, dono, che ha profuso - lo sappiamo tutti - particolarmente a Ravello e di Ravello Giovanna ha scorto la vera identità che viene percepita dagli animi puliti e sensibili , ed è entrata con delicatezza e pudore nella vera dimensione di questo paese... e Ravello ha donato ispirazione a Giovanna, sollecitandone la sua creatività , che si è concretizzata in preziosi interventi creativi e di recupero artistico , che conoscete meglio di me : mi è caro ricordare una particolare circostanza in cui potetti cogliere tutta la ricchezza la sensibilità l'umiltà dell'animo di Giovanna: ebbe modo di ammirare un quadro antico nella nostra biblioteca S.Francesco , rappresentante la deposizione dalla croce di un autore del '600 : rimase colpita, quasi presaga di una spina che l'avrebbe trafitta: P.Francesco , mi disse quasi timidamente, voglio restaurare questo quadro, ci vedo tutto, aggiunse, il divino e l'umano: amore dolore compassione pietà speranza fede... e il quadro, accarezzato dalle sue mani esperte, sta lì che risplende. Vari i momenti , umani e artistici condivisi con Giovanna , e in tutti emergeva sempre in primo piano il suo sorriso suadente e avvolgente , la sua attenzione , la sua sincera accondiscendenza e adesione a ciò che portava l'impronta o la traccia della bellezza, della bontà: paziente e generosa'la sua collaborazione e ricerca con il caro Guido per la realizzazione dei graziosi disegni raffiguranti i manufatti del maestro Francesco Amato,custoditi in mostra permanente nel parlatorio del chiostro S.Francesco ; l'esposizione dei suoi quadri sempre nel chiostro S.Francesco ; colmo di gioia il suo animo per il matrimonio di Paola, da me celebrato. Giovanna ha respirato la vera identità di Ravello , cogliendone i fremiti nascosti, ma vibranti,rispettandone , come pochi , con il cuore e con la mente la
sacra fisionomia di un luogo , che induce alla contemplazione e alla preghiera. Dobbiamo essere grati a lei : ci ha insegnato come stare a Ravello , come affacciarsi da questa " singolare " finestra che ti spinge a guardare in alto , come custodire e rispettare quelle radici , senza le quali non puoi ascoltare e capire il silenzio di Ravello , né captarne le sue note autentiche.
Ora parenti amici , accanto a Giovanna , siamo in preghiera : preghiamo con quella stessa fede che impregnò la sua vita , il suo passaggio terreno , quella fede che le fece tenere fisso lo sguardo in Colui che per tutti ha proclamato :" lo sono la Risurrezione e la Vita" : e Giovanna aveva intuito che senza quella fede si è totalmente poveri e ancora più poveri e miseri quando l'orgoglio umano tenta , ma invano, di oscurare quella luce increata che viene dal Cristo. Dolore rimpianto per Giovanna che ci lascia , ma anche serena ridestata consapevolezza in ciascuno di noi di quell' anelito alla immortalità , che avvertiamo in noi irrompente e mai tacitato e la fede soltanto educa a quella visione religiosa cristiana e realistica della vita , che ci fornisce una capacità nuova unica donata di saper leggere accettare vivere il dramma o l'evento della morte con serena maturità e consapevolezza , evitando di far cadere un oscuro diaframma tra noi e quella Croce che salva. Giovanna, varchi la soglia del tempo prima di noi , ti introduci nella casa del Padre , dove è pienezza per il cuore e per la mente. Pensaci e prega per noi che qui in terra ancora arranchiamo!

UN INDIMENTICABILE AMICO DI TUTTI: VINCENZO CIOFFI

Il 26 agosto u.s. ci ha lasciati il caro ed indimenticabile amico Vincenzo Cioffi.
Antonio Borgese al termine della messa esequiale, in Duomo, commosso ha lumeggiato la personalità di Vincenzo con parole cariche di affetto e universalmente condivise:
“Vincenzo era ben voluto da tutti, stimato da tutti, conosciuto da tutti per la sua bontà ed onestà, ma anche per la sua umiltà. Di carattere mite ed affabile, il suo modo di parlare non era mai volgare, rispettoso degli altri e del prossimo(…)Era una di quelle persone che non dovrebbero mai morire perchè sono lievito per la santità degli altri(…) Operaio competente e coscienzioso serviva i suoi clienti con grande gentilezza e professionalità ed era anche apprezzato per la disponiblità e per lo stile signorile con cui regolava i rapporti economici con i suoi numerosi e affezionati clienti. Proverbiale il suo distacco dal denaro e la grande generosità che lo ha sempre contraddistinto nel corso della sua vita. Era realmente l’uomo buono che tutti ricorderanno e terranno in benedizione.”

CELEBRAZIONI DEL MESE DI OTTOBRE


Sino al 25 ottobre la Messa Vespertina nei giorni festivi (sabato e domenica) sarà celebrata alle ore 19.00 e nei giorni feriali alle 18.30. Dal 26 ottobre la Messa Vespertina nei giorni festivi sarà celebrata alle ore 18.00 mentre la messa feriale alle ore 17.30.

4 OTTOBRE
FESTA DI SAN FRANCESCO

Convento di San Francesco — Sante Messe
Chiesa di Santa Maria a Gradillo
Ore 16.00: Inaugurazione solenne dell’anno catechistico
5 OTTOBRE
XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
In Duomo Sante Messe: ore 08.00-10.30-19.00
9 OTTOBRE
Ore 19.00: Adorazione Eucaristica per le Missioni
11 OTTOBRE
Nella Cattedrale di Amalfi: Veglia Missionaria
12 OTTOBRE
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
In Duomo Sante Messe: ore 08.00-10.30-19.00
16 OTTOBRE
Ore 19.00: Adorazione Eucaristica
18 OTTOBRE
Convento di S. Francesco
Ore 17.00: Presentazione del volume “Diario spirituale e scritti autografi di Fra Antonio Maria Mansi” a cura di Padre Buonaventura Danza
19 OTTOBRE
XIXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE
In Duomo Sante Messe: ore 08.00-10.30-19.00
23 OTTOBRE
Ore 19.00: Adorazione Eucaristica
26 OTTOBRE
XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Ore 08.00-10.30: Sante Messe
FESTA DEL BEATO BONAVENTURA DA POTENZA
Al termine della processione Messa Vespertina
30 OTTOBRE
Ore 17.30: Santa Messa